“The creators and designers of AI must be broadly representative of humanity. This requires a true diversity of thought — across gender, ethnicity, nationality, culture and age, as well as across disciplines.”

STANFORD, CA – Siamo sulla soglia dell’era dell’intelligenza artificiale. La sua portata e il suo impatto saranno più profondi di qualsiasi altro periodo trasformativo della storia dell’umanità. Ne sono profondamente convinti all’Università di Stanford.

Allora, sì studiare, indirizzare, sviluppare tecnologie e applicazioni di intelligenza artificiale, purché abbiano al centro l’essere umano e la sua qualità della vita. Questa l’ambizione dello HAI – Stanford Institute for Human-Centered Artificial Intelligence.

Presentato lunedì in un simposio a cui hanno partecipato, tra gli altri, Bill Gates (nella foto di copertina), Jeff Dean di Google, Demis Hassabis di DeepMind, Alison Gopnick di UC Berkeley, il nuovo istituto ha come missione quella di accelerare l’introduzione dell’IA nella società per migliorare le condizioni umane.

Photo: Drew Kelly for Stanford Institute for Human-Centered Artificial Intelligence

Interdisciplinare per vocazione, Stanford HAI è guidato da Fei-Fei Li, docente di computer science, e John Etchemendy, professore di Filosofia e già rettore della prestigiosa università americana che ha laureato celebrità come John F. Kennedy, Carly Fiorina, Larry Page, Elon Musk.

Si alimenta dell’apporto di ingegneri, economisti, giuristi, medici, biologi, sociologi, neuroscienziati, antropologi e filosofi. Nella più autentica tradizione di Stanford, dove centrale è l’essere umano, nella sua peculiare integrità e complessità.

Perché “HAI”? H sta per “human impact”, cioè ogni sviluppo della AI deve essere bilanciato da studi sul suo impatto sulla società; A sta per “aumento, non rimpiazzamento” dell’essere umano; I perché l’AI deve incorporare la versatilità dell’intelligenza umana.

Qui lo streaming del simposio (link).

Qui il comunicato stampa (link).

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